La guerra alle auto di Sala allontana Milano dal suo futuro: il lavoro
Area C a 7,5 euro e festivi inclusi, aumento della tariffa ed estensione della sosta a pagamento. Nuovi restringimenti di carreggiata in Buenos Aires e San Babila e presto pure sulla circonvallazione dei Bastioni. Il bollettino della guerra alle auto del Comune di Beppe Sala non si ferma. Anzi, l’Assessore Granelli, sceglie la giornata in cui si è verificato un incidente mortale su Viale Zara , per annunciare nuove telecamere che chissà da quanto tempo aveva già pianificato di installare.
Mettiamo in chiaro 3 dati di fatto.
1) Mai il Comune ha prodotto un report che consentisse di valutare se queste politiche hanno migliorato la situazione dell’aria di Milano, che poi sarebbe la ragione ufficiale per cui i provvedimenti sono stati presi. In ogni caso confrontando i dati di Milano con i Comuni limitrofi non si riscontra alcun anche minimo effetto!
2) Mai il Comune ha studiato e tenuto in considerazione la somma dei disagi per imprese, cittadini, né dei costi/benefici che queste misure scaricano su milanesi e abitanti dell’area metropolitana.
3) Mai ci sono state tante vittime tra pedoni, ciclisti e motociclisti quante oggi, a testimonianza che la soluzione non sono gli autovelox o le ciclabili, ma il controllo effettivo di chi è alla guida (troppi addicted in circolazione), il rispetto delle norme esercitato dalla Polizia Locale, un maggiore ordine sulle strade figlio di una progettazione seria e non dell’annuncio green.
Le attuali scelte sulla viabilità dunque non sono frutto di ricerca scientifica o corroborate da statistiche. Sono decisioni assunte per partito preso, per convinzioni ideologiche, per rieducare il popolo ed imporre la propria visione di società. Diciamo di più: la sinistra milanese, dimenticati i valori di un tempo (aiutare i ceti popolari, difendere i lavoratori, dare servizi sociali di qualità) si è buttata sulle mode ambientaliste, sposandole in maniera ingenua. Il furore ideologico e l’odio che un tempo si scagliava contro i padroni delle fabbriche, i capitalisti, la borghesia, gli USA etc etc oggi ha un suo nuovo obiettivo contro cui scagliarsi: l’auto. L’auto totem da abbattere che invece è ancora oggi strumento di mobilità personale, di libertà di movimento, di società basata sul lavoro, di dinamismo sociale, di famiglie che cercano di conciliare i tempi, di confort per tutti e di status symbol per alcuni. L’auto che ancora oggi è una filiera industriale e di occupazione che ricerca un ambiente migliore tramite il progresso tecnologico e non decreti o ordinanze.
Certo, le politiche sul traffico sono anche dettate dalla necessità di fare cassa. E così l’odio contro l’auto e la mobilità privata si è saldato con la necessità di foraggiare una spesa comunale incontrollata, dando vita a una maniacale ricerca di soldi dall’automobilista sotto forma di balzelli sulla sosta, pedaggi, sanzioni, black box, obbligo di rinnovo autovettura etc. Nessuna altra categoria, nemmeno quelle più facoltose, sono state spremute così nel decennio Pisapia/Sala.
Così contro l’auto e chi si ostina a usarla si concentra tutto l’odio della sinistra milanese versione green e tutto il focus della azione politico-amministrativa degli illuminati esponenti progressisti di Milano. Sfugge a costoro che l’auto consente agli anziani di recarsi dal medico o a far la spesa, serve alle mamme per portare i bimbi a scuola e poi lavorare, serve a tante categorie non benestanti per raggiungere il posto di lavoro anche in orari difficili. Cosi come sfugge agli ambientalisti che tanti comuni dell’hinterland non sono collegati con Milano da treni e bus. E ancora per tanto tempo non lo saranno, considerando che per fare una metropolitana i loro amministratori illuminati hanno impiegato 14 anni. Purtroppo i verdi milanesi sono ancora fermi al luogo comune della signora con pelliccia che porta i figli col SUV a scuola: solo che questa mamma nel frattempo si è munita di SUV elettrico ed entra in area B e C comodamente, mentre i ceti meno abbienti sono discriminati e obbligati in maniera coatta a usare mezzi pubblici più cari, meno frequenti e sempre meno frequentabili per ragioni di sicurezza.
Persino ovvio far notare che forse un Sindaco non dovrebbe solo far la guerra alle auto ma anche alla criminalità, al degrado, e magari sviluppare le politiche per la casa e quelle per gli anziani, un tempo vanto della città, e oggi abbandonate a tal punto, che 6 anziani sono morti in una RSA del Comune senza impianto antincendio da più di un anno.
Occorre capire che queste politiche non influenzano solo i trasporti, ma la visione stessa della città. Se l’amministrazione comunale continuerà a trastullarsi con monopattini, ciclabili e piazze tattiche, Milano sarà solo a misura di ricchi, di proprietari immobiliari della ZTL, di studenti mantenuti che si possono permettere i suoi costi. Lo sviluppo economico di questa città non può poggiare solo sugli aperitivi e sul turismo. Milano va ripensata, a partire dalla mobilità, ma non solo, per continuare a essere una città di famiglie, di lavoro, di servizi e di impresa. E per essere tutto ciò ha bisogno di poter accogliere chi trasporta merci, chi svolge servizi e chi fa lavori magari umili ma necessari e imprescindibili.
La speranza è che tutto ciò sia chiaro a tutte le persone penalizzate nel presente ma interessate al futuro di Milano, che poi sono la maggioranza dei milanesi. Anche se forse non lo sanno.
Fabrizio De Pasquale ha 58 anni, è sposato, padre di 2 figli e vive a Milano. Laureato in Scienze Politiche, è stato Capo ufficio stampa di varie aziende e del Ministero dei Beni Culturali. Ha lavorato per RAI ed Expo2015 e per un centro media. E’ stato per 24 anni Consigliere e poi Capogruppo di Forza Italia a Palazzo Marino. Conosce bene Milano ma non smette mai di scoprire i problemi e le eccellenze che questa dinamica città produce ogni giorno. E’ Direttore e amministratore di Milanopost dal 2014 e crede nel ruolo dell’informazione locale per migliorare la città e i suoi cittadini.
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Source: Fabrizio c’è