Segnali di rivolta sottovalutati
Presi dalla polemica di giornata sul deputato che spara a Capodanno, sono passati sotto traccia nei media alcuni episodi che dovrebbero far invece riflettere sulla polveriera che possono diventare Milano e l’Italia.
Mi riferisco a quanto successo la notte di Capodanno in Piazza Duomo e a San Siro.
La piazza principale è stata invasa da tantissimi giovani immigrati o italiani immigrati di seconda generazione che si erano dati appuntamento lì probabilmente a mezzo social. Solo la imponente presenza delle forze dell’ordine ha evitato che dalla esplosione di botti si passasse ad azioni più violente. La stessa cosa si è verificata il 24 dicembre in Piazza Gae Aulenti.
Si comprendono ora le ragioni di ordine pubblico che hanno sconsigliato di organizzare il tradizionale evento concerto di Capodanno. Lo scorso anno si era concluso con aggressioni e violenze sulle donne.
Anche a San Siro, in via Zamagna dove bande di spacciatori magrebini dominano il quartiere, solo il pronto intervento di Polizia e Amsa ha evitato che si desse fuoco ai cassonetti dei rifiuti e si erigessero delle barricate. Le forze dell’ordine hanno mantenuto la calma nonostante lanci di pietre e provocazioni e il fuoco della rivolta alla “parigina” non è divampato.
Oltre a ringraziare il Questore Petronzi e gli uomini in divisa per misure preventive messe in campo, forse bisognerebbe concentrarsi su questo grande problema della città. Ogni momento una miccia si può innestare negli ambienti dei giovani immigrati di seconda generazione, italiani a tutti gli effetti ma portatori di rabbia e sentimenti di rivalsa che si esprimono nello spaccio, nelle baby gang e nella musica trap.
Perché non si integrano? Perché odiano la città e la nazione dove crescono? È giusto lasciare alcuni quartieri in balia del loro arrogante controllo? Il Comune ha organizzato nei quartieri dove vivono qualche attività formativa, culturale, sportiva, ricreativa per recuperarli?
Se non ci poniamo queste domande, se non affrontiamo questi fenomeni, in un momento in cui nello scenario internazionale vi sono appelli alla radicalizzazione delle comunità islamiche di tutta Europa, rischiamo grosso. Altro che i botti o gli spari di Capodanno.
Fabrizio De Pasquale ha 58 anni, è sposato, padre di 2 figli e vive a Milano. Laureato in Scienze Politiche, è stato Capo ufficio stampa di varie aziende e del Ministero dei Beni Culturali. Ha lavorato per RAI ed Expo2015 e per un centro media. E’ stato per 24 anni Consigliere e poi Capogruppo di Forza Italia a Palazzo Marino. Conosce bene Milano ma non smette mai di scoprire i problemi e le eccellenze che questa dinamica città produce ogni giorno. E’ Direttore e amministratore di Milanopost dal 2014 e crede nel ruolo dell’informazione locale per migliorare la città e i suoi cittadini.
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Source: Fabrizio c’è